La strada da percorrere verso una vera ed efficace digitalizzazione del Paese è ancora lunga, ma alcune tappe sono state raggiunte. Con il conseguimento del 17% degli obiettivi previsti nel PNRR per la digitalizzazione e gli ingenti fondi europei ancora a disposizione, l’Italia si colloca tra gli Stati membri più attivi in questo ambito. Crescono, in particolare, connettività e integrazione delle tecnologie digitali, ma resta ancora un forte gap sulle competenze digitali.
L’Italia digitale è imprescindibile da un’Europa digitale. La strada da percorrere è ancora lunga, ma alcune tappe sono state raggiunte. Dall’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società – Desi (Digital economy and society index), che dal 2014 riassume gli indicatori sulle prestazioni digitali dell’Unione europea tracciando i progressi dei diversi Stati membri, inizia a giungere qualche riscontro positivo; si tratta solo di primi segnali che indicano però che si è imboccata la giusta direzione.
Il nostro Paese ha completato il 17% degli obiettivi previsti per la digitalizzazione nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), una quota che lo pone in testa a tutti gli altri membri dell’UE. Permane ancora un gap rispetto ad alcuni Paesi europei, ma la nuova fase nell’attuazione dell’Agenda Digitale dell’Italia apre a nuove opportunità. Entro la fine del 2023 si prevede di raggiungere nuovi obiettivi, anche molto ambiziosi.
Di questo si è discusso durante il convegno “Il digitale chiama: l’Italia risponde?”, organizzato dall’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano.
L’Italia e il digitale
L’Italia sta cambiando il proprio modello di sviluppo, si è detto al convegno, anche grazie ai fondi del PNRR e del Next Generation EU, che insieme hanno fornito al Paese un totale di 48 miliardi di euro. L’intenzione è di arrivare a investire il 37% di tutte le risorse europee dedicate alla trasformazione digitale, ovvero una cifra ben più elevata degli altri Paesi. La strada da percorrere però, si è detto, è ancora lunga. Secondo il Desi, l’Italia sul fronte del digitale nel 2022 si colloca al diciottesimo posto in Europa su ventisette Paesi membri, guadagnando due posizioni rispetto alle misurazioni dell’anno precedente. Si è fatto molto su fronte della connettività e dell’integrazione delle tecnologie digitali, spiega Francesco Olivanti, ricercatore dell’Osservatorio Agenda Digitale. I risultati ottenuti riguardano un set ristretto di indicatori, quali la copertura 5G, che interessa ormai oltre il 95% del Paese; la diffusione del cloud e la fatturazione elettronica, che sono utilizzate abitualmente in particolare nel mondo delle imprese.
Di contro permangono ancora alcuni punti deboli rappresentati, in particolare, da due indicatori: la digitalizzazione dei servizi pubblici e il cosiddetto capitale umano, nel quale si distinguono, da un lato, le competenze digitali dei cittadini – che pure sono migliorate molto negli ultimi anni, soprattutto rispetto all’utilizzo di internet – e, dall’altro, il reperimento di competenze avanzate. Su entrambi gli indicatori l’Italia risulta ancora lontana persino dalla media europea. Si sta lavorando però su questi aspetti, per esempio, spiegano durante il convegno, il Paese comincia finalmente a concretizzare un modello GaaP ovvero “Government as a Platform”. Si tratta di un modello di sviluppo ed erogazione di servizi pubblici digitali, in cui la PA – pubblica amministrazione – diventa una piattaforma di servizio a supporto dell’innovazione del Paese.
Entrando più nel dettaglio dei dati del Desi, Olivanti spiega come l’Italia risulti venticinquesima per diffusione di competenze digitali, una posizione immutata rispetto all’anno precedente di rilevazione; settima per connettività, in questo caso con un miglioramento di ben sedici posizioni rispetto al 2021; ottava per digitalizzazione delle imprese, guadagnando due posizioni; e diciannovesima per digitalizzazione della PA, perdendo in questo ambito una posizione.
La digitalizzazione regionale
Guardano poi all’interno del Paese emergono le differenze regionali. Olivanti riporta i risultati che l’Osservatorio Agenda Digitale ha ottenuto calcolando un Desi regionale e se ne rileva un divario tra le regioni del Mezzogiorno e quelle del Centro – Nord. È nella suddivisione tra le diverse zone del Paese che si acuiscono le difficoltà già riscontrate con i dati generali dello stivale. Le dimensioni su cui l’Italia è più in difficoltà nell’Indice di digitalizzazione sono anche quelle con i maggiori divari regionali, ovvero i servizi pubblici digitali e il capitale umano. Un dato significativo, sottolinea Olivanti, che spiega come sia possibile colmare la distanza che ci separa ancora dagli altri Paesi europei solo riducendo le disuguaglianze interne al nostro.
Non solo, confrontati ancora una volta con le regioni simili – “gemelle” – nel resto d’Europa, le nostre risultano in ritardo, persino quelle del Centro e del Nord che sono, al nostro interno, prime nella digitalizzazione. Tutte le Regioni europee “digital twin” delle nostre fanno meglio rispetto all’utilizzo complessivo di internet e vincono il confronto su quasi tutti gli indicatori considerati, con l’eccezione dell’accesso alla banda larga.
Le opportunità di uno sviluppo del digitale sono fondamentali per il futuro dell’Italia, il Paese deve rispondere in modo rapido ed equilibrato, ma deve farlo con assoluta compattezza interna. «Ora è necessario tradurre in realtà le ambizioni del PNRR» ha dichiarato Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation, «portando a termine nei tempi previsti gli interventi di digitalizzazione e accelerando sugli ambiti più critici, come lo sviluppo di competenze digitali tra la popolazione. Dobbiamo dedicare i prossimi mesi a raccordare visioni, risorse e sforzi che, se non ben allineati, rischiano di far perdere tempo ed energie cruciali».
Strategia nazionale
La Commissione europea ha stanziato per i Piani nazionali di ripresa e resilienza dei vari Stati membri un totale di poco meno di 500 miliardi di euro, di cui il 26% è destinato alla trasformazione digitale dell’Europa.
Dei 500 miliardi totali il nostro è il Paese che ne usufruisce maggiormente, ricevendo il 39% delle risorse stanziate, pari a 191,5 miliardi di euro. La maggior parte di questo denaro è un prestito da restituire – il 64% dell’intera cifra – il restante è a fondo perduto. Nel nostro PNRR sono state previste sei missioni:
1- digitalizzazione e innovazione
2- transizione ecologica
3- infrastrutture e mobilità sostenibile
4- istruzione e ricerca
5- inclusione e coesione
6- salute.
Di questi stanziamenti, al trasferimento digitale l’Italia ha destinato 48 miliardi di euro. Ad ogni modo, al Paese servono interventi strutturali e per spendere le risorse a nostra disposizione sono previsti 134 investimenti, 63 riforme, ben 213 milestone e 314 target, spiega Luca Gastaldi, direttore dell’Osservatorio Agenda Digitale e membro della Segreteria tecnica per l’attuazione del PNRR presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Serve una strategia strutturata; ogni sei mesi la Commissione europea verifica il raggiungimento di milestone e target previsti, e a fronte del loro raggiungimento eroga una quota del finanziamento complessivo. Se non ottenessimo uno solo dei risultati promessi, precisa Gastaldi, perderemmo sia le risorse del periodo sia tutte quelle successive.
Al momento l’Italia ha implementato il 18% di milestone e target del proprio Piano nazionale ed è il Paese più avanti nella realizzazione degli obiettivi relativi alla trasformazione digitale. In particolare, all’interno dello stanziamento delle risorse destinate a tale trasformazione, sono state individuate quelle che il direttore ha definito “sotto sfide” e sulle quali il Paese si sta concentrando: government ovvero la PA, imprese, tecnologie avanzate, ricerca e connettività.
Anche in merito allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI) l’Italia ha impostato la propria strategia accanto a quella europea. In particolare, spiega Giulia Maragno, ricercatrice dell’Osservatorio Agenda Digitale, si è posta, per il prossimo triennio, obiettivi su tre aree strategiche di intervento che riguardano la formazione di competenze, la ricerca e le applicazioni. Un programma che interessa da vicino anche il mondo delle imprese, chiamate a diventare player fondamentali nello sviluppo futuro del Paese. Sono stati individuati alcuni settori prioritari di intervento, tra i quali vi è appunto anche la manifattura. L’Italia, spiega Maragno, mira a fare dell’AI un pilastro a supporto della transizione 4.0 delle imprese, a sostenere la crescita di spin-off innovativi e di start-up, a promuovere il go-to-market delle tecnologie AI, a supportare le imprese nella certificazione dei prodotti AI e a promuovere campagne di informazione sull’intelligenza artificiale per le imprese.
«Il PNRR mette a disposizione risorse senza precedenti per la trasformazione digitale: la sua rilevanza impone un’attenta gestione del momento» conclude Gastaldi. «È importante non fermarsi e raccordare le risorse del PNRR a quella degli altri strumenti disponibili per sostenere la trasformazione digitale del Paese, per esempio Horizon Europe».