Dall’Assemblea di Assocarta arrivano dati e valutazioni positivi, ma rimangono irrisolte tutta una serie di macroquestioni strutturali legate al sistema Paese.
La carta è in ripresa. Questo il dato di fondo che è emerso dall’Assemblea annuale di Assocartache si è tenuta a Roma il 22 giugno 2018. Ed è una ripresa netta che ha visto un aumento del fatturato del 5,9% nel 2017, con un trend positivo, visto che i risultati del primo quadrimestre 2018 hanno fatto segnare un più 6,5%. Segno che la ripresa non è episodica anche se i dati di contesto mettono in luce una serie di problematiche industriali legate alla realtà italiana del settore. Due tra tutti. L’aumento a due cifre che c’è stato recentemente delle cellulose colpisce in particolare un Paese come il nostro, nel quale le risorse forestali sono scarse, mentre il prezzo dell’energia, con il gap in aumento rispetto a quello dei concorrenti europei, continua a essere un problema di grande peso, come del resto Assocarta denuncia da anni. I dettagli del settore sono stati illustrati dal presidente di Assocarta Girolamo Marchi che nella sua relazione ha detto: «la produzione del nostro settore è cresciuta dell’1,5% nel primo quadrimestre 2018, con un più 3,3% per le carte per usi igienico-sanitari, un più 2,3% per il packaging, un più 3,9% per le carte speciali, mentre registriamo un dato negativo per le carte grafiche che sono diminuite del 1,1% (a causa della persistente crisi dell’editoria – ndr)». Il fatturato con il suo aumento del 6,5%, ha specificato Marchi, recupera in maniera parziale i grandi rincari delle cellulose come quella a fibra lunga NBSK che ha visto un rincaro al dicembre 2016 del 48% e quella a fibra corta BHK che ha segnato un più 62%. «Il mercato della fibra di cellulosa è sempre più concentrato» ha proseguito Marchi, citando come esempio la fusione di Fibria-Suzano. «Solo questa fusione riguarda il 50% della cellulosa da eucalipto sul mercato globale». Interessante, sotto questo profilo, ciò che sta accadendo sul fronte internazionale per quanto riguarda il riciclo. La decisione cinese di imporre un limite molto stretto sulle frazioni estranee presenti nel macero ha portato a una notevole volatilità nel prezzo della carta da riciclare, materia prima seconda dalla quale l’Italia dipende molto, visto che riguarda il 55% di carta e cartoni prodotti in Italia. Le cartiere cinesi stanno acquistando solo le qualità migliori di carta da riciclare, mentre i materiali meno pregiati vanno in altri Paesi asiatici dove i prezzi di queste qualità sono in calo. Il tutto con riflessi sui mercati globali. Secondo Assocarta la volatilità delle quotazioni e l’incertezza circa la disponibilità si potrebbero risolvere con una serie di interventi rivolti al completamento della filiera del riciclo nostrana, cosa che consentirebbe una maggiore certezza circa la fornitura e una stabilità dei prezzi.
Realtà italiana
Nel complesso l’Italia nel settore cartario, lo scorso anno, ha tenuto bene. Prova ne è il fatto che non ci siano stati arretramenti circa la posizione europea. L’Italia, infatti, è sempre saldamente al quarto posto per ciò che riguarda la classifica per volumi prodotti, con un 9,8% dopo la Germania (24,8%), la Svezia (11,1%) e la Finlandia (11,1%). Un risultato degno di nota, visto che non possediamo la materia prima e, per quanto riguarda la fibra vergine, siamo vicini al 100% d’importazione. E da questo svantaggio strutturale deriva la maggiore competitività in materia di economia circolaredel settore che ha il riciclo nel proprio Dna. «Oltre alla dimensione del fatturato» ha proseguito Marchi. «Lo scorso anno è cresciuta l’importanza che gli italiani attribuiscono alla materia carta, che è passata dal 46,5% del 2016 al 54% degli intervistati del 2017 (secondo un’indagine realizzata da Astra Ricerche per Comieco – ndr). Ed è in aumento anche la fiducia degli imprenditori del settore cartario che, nel 2017, hanno investito il 5,7% del fatturato a fronte di una media italiana di investimento che raggiunge il 4%». Si tratta di investimenti realizzati in particolare per la conversione di impianti da quelli per la produzione di carte grafiche a quelli necessari alla realizzazione di carte per l’imballaggio, con un conseguente aumento della già grande capacità di riciclo. Se consideriamo, infatti, il tasso di circolarità, ossia il rapporto tra i materiali riciclati e l’utilizzo complessivo delle materie prime, il settore della carta italiano registra un più 55% con punte dell’80% nelle carte per imballaggio, mentre la media italiana dell’industria è al 17,8% e quella europea all’11,4%.
«Il settore cartario» prosegue Marchi «oltre che al riciclo della carta, è impegnato nell’utilizzo attento e sostenibile dello stock di beni che costituiscono il capitale naturale, come l’acqua, le foreste e l’aria, per la tutela delle generazioni future. Nell’industria cartaria, spesso indicata quale responsabile di deforestazione, l’84% della pasta per carta vergine impiegata dalle cartiere italiane è dotato di certificazione forestale». Una percentuale molto elevata specialmente se si pensa che in tutto il pianeta solo il 10% della superficie forestale globale è certificata. E dal Rapporto ambientale Assocarta, diffuso durante l’assemblea, emerge che anche per l’acqua, che con carta da riciclare, legno e cellulosa è una componente nella produzione di carta, vale il riciclo. Il 90% dell’acqua utilizzata nei processi industriali del settore è proveniente da riciclo e solo il 10% è costituito da acqua fresca. Sul fronte delle emissioni, invece, il settore cartario europeo si è attivato per fare fronte all’obiettivo europeo della riduzione delle emissioni climalteranti dell’80% al 2050 lanciando la Roadmap 2050. Cosa che assegna al gas naturale, utilizzato dal settore per la cogenerazione, un ruolo essenziale sia sotto al profilo della competitività, sia nel quadro della riduzione delle emissioni.
Produzione interna
Nel dettaglio il 2017 del settore cartario italiano ha visto una buona evoluzione della domanda interna, con un più 2% rispetto all’anno precedente, mentre la domanda estera ha visto un più 2,8%. La produzione è arrivata, in termini di volumi a di 9,1 milioni di tonnellate, con un aumento del 2,1% rispetto al 2016, con punte notevoli come quella del comparto del packaging, con un più 2,8%, un dato che è stato spinto anche dallo sviluppo del commercio elettronico, mentre le carte per usi igienico -sanitari hanno visto un più 4,6%. Tutti dati che sono stati confermati anche nel primo quadrimestre del 2018, come abbiamo visto in precedenza. Sul fronte del fatturato del settore siamo a 7,41 miliardi di euro con un aumento del 5,9% sull’anno precedente, dato che assegna al 2017 il posto di secondo migliore anno tra gli ultimi dieci, anche se non si sono recuperati i livelli prima della crisi che videro segnare nel 2007 un fatturato di 7,7 miliardi di euro. Corrono le esportazioni, a dimostrazione della competitività internazionale delle imprese italiane. Il 2017 si è chiuso, infatti, con un record di 4,1 milioni di tonnellate, segnando un più 2,8% rispetto ai volumi del 2016, mentre in termini di valore l’aumento è dell’1,6% raggiungendo i 3,8 miliardi. Il bilancio è che l’export pesa oggi per il 45% della produzione e oltre il 51% in valore. Nello specifico crescono le esportazioni di carte per imballaggi del 2,8%, cartoncino 2,5%, carta e cartoni per ondulatori 1,8% e carte per imballaggio 1,4%; crescono anche le carte per usi grafici del 5,2%, mentre sono in calo le carte per usi igienico-sanitari dell’1,1% e sono sempre in crescita del 9,8% le altre specialità. Tutti dati che confermano il processo d’internazionalizzazione del comparto cartario italiano.
Problemi aperti
Successivamente, durante la tavola rotonda condotta da Sebastiano Barisoni, vice direttore di Radio 24, sono state riprese alcune tematiche d’interesse del settore. Simona Bonafè, parlamentare europeo e relatore del pacchetto Economia circolare, per esempio, ha sostenuto come nei prossimi due anni l’Italia possa recepire con successo la nuova normativa UE sui rifiuti. «Aumenteremo il tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani e quindi anche sottocategorie come la carta da imballaggio» ha detto Bonafè. «E abbiamo inserito anche un altro importante obiettivo come il conferimento massimo in discarica del 10%». Si tratta, secondo Bonafè, di misure utili soprattutto per «contrastare la carenza di materie prime che colpisce l’Europa, e l’Italia in particolare, specie su legno e carta, tanto che oggi oltre il 50% arriva da carta da riciclo. La direttiva mira anche a migliorare la prevenzione della generazione dei rifiuti per farne un uso razionale ed efficiente». Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, invece ha puntato il dito contro la sindrome Nimby ed è interessante che questioni del genere arrivino da un’associazione ambientalista. «Se si vuole arrivare a rifiuti zero bisogna fare mille impianti, se vogliamo ridurre i conferimenti in discarica bisogna farne ancora altri» ha affermato Ciafani. «Se l’impianto di gestione anaerobica ti permette di recuperare energia allora hai risolto molte questioni, come l’efficientamento energetico dei processi con la riduzione dei rifiuti e l’abbattimento delle emissioni climalteranti, ma purtroppo è molto complicato, sul territorio spingere verso questa, e altre, opzioni di questo tipo». Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, invece, ha puntato su questioni di carattere internazionale. «Chiudere le frontiere? E come facciamo? Provate a immaginare cosa succederebbe al Brennero, il confine tra Italia e Austria» ha affermato Tajani. «Immaginate che danno sarebbe, con centinaia di chilometri di code di Tir. Noi siamo per l’export». E poi ha proseguito dicendo: «e oltre a ciò ribadisco che dobbiamo vedere se l’accordo commerciale con il Canada, il Ceta, sia un accordo vantaggioso o meno per tutti, non solo riguardo una categoria; così come in tema di energia e infrastrutture, per esempio su Tav e Tap, si dicono colossali sciocchezze che spesso riguardando il piccolo contentino da dare a una parte della popolazione. E allora si fa una guerra alla modernizzazione. Il progresso deve essere rispettoso dell’ambiente, ma non possiamo, nemmeno per questo, bloccare il progresso». Guido Bortoni, presidente di Arera (Autorità Regolazione per Energia Reti e Ambiente), infine, ha detto: «senza la liberalizzazione del mercato imposta dall’Europa non saremmo riusciti a togliere quelle incrostazioni che ci facevano pagare il gas il 100% in più, cosa che interessa particolarmente l’industria cartaria. Noi dobbiamo, come Paese e grazie anche alle direttive europee, rispondere a una serie di questioni che riguardano tutto il Paese, ma anche il settore cartario, come quelle dell’utilizzo energetico delle biomasse residue delle lavorazioni che altrimenti andrebbero in discarica e il gas. In questo quadro abbiamo delle opzioni aperte come il power to gas, ma dobbiamo ripensare il ruolo del gas naturale nel suo complesso per la transizione energetica». Il quadro che si prospetta, dopo anni a tinte fosche per il settore cartario, è positivo, ma tutta una serie di problematiche “storiche” del settore legate alle politiche industriali del paese rimangono tutt’ora irrisolte.