Assocarta

Energie per la transizione

All’indomani dell’approvazione da parte dell’Unione Europea al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che darà il via alla prima tranche di finanziamenti, Assocarta e Formiche.net hanno organizzato una conferenza live per parlare green economy, transizione ecologica, sviluppo sostenibile con ospiti eccellenti.

Obiettivo dell’incontro, che si è tenuto lo scorso giugno in una live talk, focalizzare l’attenzione sul contributo alla transizione energetica di aziende del comparto cartario provenienti dalla filiera dell’economia circolare, con particolare riferimento al raggiungimento degli obiettivi indicati nel PNNR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Un’industria, come quella cartaria, che è stata un player importante in questa fase di rilancio italiano e che soprattutto in quest’ultimo anno è riuscita a resistere e ripartire ponendosi obiettivi propositivi verso il futuro e verso i target che l’Unione Europea e il gruppo dei grandi paesi industrializzati si è dato per la transizione ecologica.

In “sala virtuale” – moderati dal direttore di Formiche.net, Giorgio Rutelli – si sono confrontati Guido Bortoni (senior adviser della DG-Energy della Commissione Europea), Vannia Gava (sottosegretaria al Ministero della Transizione ecologica (MiTE), Lorenzo Poli (presidente di Assocarta), Ignazio Capuano (presidente della Cepi), Arvea Marieni (direttore dell’Energy Transition Programme dello Strasbourg Policy Center), Maria Cristina Piovesana (vice presidente per l’ambiente, la sostenibilità e la cultura di Confindustria) e Giorgio Zampetti (direttore generale Legambiente).

L’industria cartaria italiana player strategico nel panorama europeo

Ha aperto il dibattuto Lorenzo Poli con qualche dato importante che vede l’industria cartaria italiana un player strategico nel panorama europeo: “L’industria cartaria italiana nel 2020 si conferma player strategico nel panorama europeo come 2° utilizzatore di carte da riciclare dopo la Germania (5,2 milioni di tonnellate pari all’11% dei volumi europei) e 3° produttore di carta e cartone dopo Germania e Svezia con 8,5 milioni di tonnellate prodotte nel 2020 (10% volumi europei). Ed è il 1° produttore europeo nel settore igienico-sanitario e 3° produttore di carta e cartone da imballaggio con 20,4% e il 10% dei volumi europei”.

Un’industria che da sempre coltiva sostenibilità e competitività in stretta connessione, ha detto Poli, ma che deve fare i conti con un costo di produzione che per oltre il 60% è costituito da costi delle materie prime fibrose (40%) e dai costi del gas e di compensazione CO2 (20%). Per una industria manifatturiera ed energy-intensive come quella cartaria che ha investito in efficienza energetica mediante cogenerazione, il gas costituisce ancora una vera e propria BAT (Best Available Techniques) e rimane il miglior vettore energetico, nella fase di transizione green, alimentando il 90% delle capacità di riciclo in Italia e in Europa: oggi il gas è ancora il veicolo di miglior decarbonizzazione dell’industria cartaria che viene definita hard-to-abate’, e per raggiungere l’obiettivo finale – la transizione ecologica – l’industria cartaria ha bisogno di energie, mentre risulta penalizzata a livello di costi dell’energia rispetto al panorama europeo. Una sfida per il settore – quella della decarbonizzazione – strettamente legata anche ai costi ETS, in aumento a seguito della speculazione finanziaria, e alla possibilità di termovalorizzare i residui della produzione, come già accade negli altri stati europei dove le cartiere italiane sono spesso obbligate a trasportare i propri residui pagando per lo smaltimento impianti di proprietà di cartiere nostre competitor.

Il presidente CEPI e Ceo di Burgo Ignazio Capuano ha ricordato la Forest Based Industry come un altro strumento da affiancare alla strategia green, dato l’importante potere di assorbimento di CO2. Un settore che conta in Europa più di 420 mila imprese (il 20% del settore manifatturiero, 1 impresa su 5) che dà lavoro a 3,5 milioni di addetti diretti, il 10% dell’occupazione nel settore manifatturiero”.

Vannia Gava, sottosegretaria al Ministero della Transizione ecologica (MiTE), ha affermato che la transizione ecologica non può e non deve rappresentare un costo per le aziende, non sarà mai il pretesto per aumentare controlli e burocrazia, ma è invece, al contrario, una opportunità e le aziende avranno l’occasione di investire su tecnologie più efficienti e più pulite aumentando la loro competitività e, allo stesso tempo, daranno un contributo a rendere più sostenibile il sistema Italia e a ridurre inquinamento e sprechi. Riciclo ed energy intensive sono le parole chiave che identificano il rinnovamento in chiave sostenibile del settore, che punta all’ ambizioso obiettivo 2030 “emissioni zero”, ha continuato Gava, e con le risorse del Pnrr è possibile far fare un balzo in avanti al Paese e al nostro sistema produttivo lungo la strada delle sostenibilità intervenendo anche su produzioni considerate fino ad oggi altamente inquinanti e quindi dannose per l’ambiente.

Per Maria Cristina Piovesana, vice presidente per l’ambiente, la sostenibilità e la cultura di Confindustria, più saremo in grado di coinvolgere tutti i cittadini più riusciremo a ottenere ciò che serve, ma è fondamentale abbattere le barriere non tecnologiche, per favorire gli investimenti, non solo sfruttando le risorse Ue ma anche quelle che possono utilizzare le imprese con la finanza di progetto: un discorso che ha toccato vari temi, dal Decreto Semplificazioni 2021, all’interpello ambientale e l’innalzamento dell’impiantistica, senza paura che i nuovi impianti rovinino l’ambiente.

Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente, ha parlato di semplificazioni opportune, ma ha anche detto che al tempo stesso bisogna stare attenti perché per semplificare bisogna affiancare dei controlli ambientali pubblici, potenziando anche il tema della partecipazione pubblica. I dati italiani di riciclo e recupero sono importanti, ha detto Zampetti, ma è importante anche la decarbonizzazione di CO2, lo studio di prodotti in commercio (coinvolgendo quindi anche chi fa le norme) che permettono di compensare il mancato abbattimento di CO2. Che significa collaborazione tra industria, amministrazioni, enti regionali, governo e parlamento con la finalità di aiutare questa transizione a tutto tondo. Il tema del gas è importante quale elemento più competitivo in termini di energia, ha concluso, ma anche c’è anche il biometano, su cui bisogna continuare il confronto, l’idrogeno, che potrebbe essere un’alternativa se affiancato a un forte investimento di produzione a fonti rinnovabili, e infine la raccolta differenziata, per riuscire ad abbattere i costi energetici.

Per Guido Bortoni, senior adviser della DG-Energy della Commissione Europe, se vogliamo accelerare la decarbonizzazione non dobbiamo solo accontentarci di decarbonizzare l’energia, ma dobbiamo utilizzare l’energia per entrare in questi settori anche più difficili, hard-to-abate, refrattari alla decarbonizzazione integrando l’energia a partire dalla domanda. Ovviamente senza perdere la bussola, con una transizione energetica al minimo costo. Il mondo dell’energy intensive è quella dei fluels, quindi l’obiettivo è avere dei fluels decarbonizzati: elettrificazione dove possibile ma nell’energy intensive i fluels sono necessari, ovvero dove si hanno bisogno di alte temperature e dove ci sia una sostanza energetica che possa anche accumulare fonti rinnovabili. Nel mercato del gas, afferma Bortoni, occorre riformulare le regole per avere un mercato integrato, e l’auspicio è che dalla consultazione europea, le risposte possano essere soppesate e portate a base comune per avere un ridisegno del mercato del gas che consenta una facilitazione e una promozione dei gas rinnovabili o a basso tenore di carbonio, ma anche una maggiore integrazione, interoperabilità e liquidità del mercato europeo.

Arvea Marieni, direttore dell’Energy Transition Programme dello Strasbourg Policy Cente, ha parlato di simbiosi industriale e dell’apporto che i modelli di economia circolare, soprattutto in un settore come questo, implicano in termini anche di decarbonizzazione. Marieni ha sottolineato la capacità innovativa dell’industria italiana perché la sostenibilità è diventata oramai un fattore di competitività, ma in parziale dialettica con gli altri interlocutori presenti, ricordando il global warming power insito nell’utilizzo della risorsa, ha avvertito sulla necessità di agire oculatamente nella scelta delle fonti e delle tecnologie per la transizione.