La carta da riciclare e le norme Made in China

La Cina, attenta alla qualità dei propri prodotti e delle materie prime che utilizza, ha emanato una recente norma che rende ancor più restrittivi i parametri per l’ingresso nel Paese della carta da riciclare. Un provvedimento che sta cambiando gli assetti di un intero settore a livello mondiale.

Il 2018 è un anno di grandi cambiamenti e di nuove sfide per il settore cartario, in particolare per le aziende che utilizzano o commercializzano carta da riciclare. Le maggiori novità arrivano dalla Cina, il cui mercato è talmente cresciuto negli ultimi anni da determinare con le proprie scelte il ridisegnarsi delle dinamiche commerciali di tutti gli altri Paesi, Europa compresa. Le cause principali della ridefinizione degli equilibri a cui si continuerà ad assistere anche nei prossimi mesi sono due: le politiche introdotte nel Paese a tutela dei propri commerci e la guerra economica con gli Stati Uniti.

Dan Zhang, assistant general manager di Cycle Link Europe, società parte della multinazionale Cycle Link, intervenendo al convegno Miac Recycling organizzato a Lucca durante l’edizione 2018 di Miac, ha analizzato gli aspetti che sottendono alle scelte cinesi e delineato cosa stia accadendo nel settore.

Il packaging in Cina

Il mercato cinese ha conosciuto nell’ultimo decennio una costante crescita economica. Tra il 2009 e il 2017, spiega Zhang, la domanda di cartone ondulato, spinta dallo sviluppo del Paese, ha continuato ad aumentare e, per quanto i dati del 2018 mostrino un rallentamento e uno scenario caratterizzato da un leggero calo, il livello resta sostanzialmente stabile. A fronte di questa domanda gli analisti avevano previsto una crescita della capacità produttiva di 5,3 milioni di tonnellate di carta e cartone, ad oggi però quella effettiva è di 2,7 milioni di tonnellate ed è concentrata soprattutto nelle grandi imprese (Figura 1). Un fenomeno dovuto in parte alla guerra commerciale con l’America, ma soprattutto alla mancanza di materie prime.

La produzione di carta in Cina dipende molto dall’import della carta da riciclare. Della quantità totale di circa 63 milioni di tonnellate per l’anno 2017, 20 milioni – ovvero il 32% – deriva proprio dalle importazioni. «I dati del consumo della carta da riciclo in tutto il mondo» afferma la manager «mostrano come la Cina nel 2017 sia il primo paese tanto per consumo quanto per import di OCC (old corrugated containers)».

Se il 2017 ha decretato la Repubblica popolare cinese (RPC) come il primo acquirente al mondo di carta da riciclare, le stime sul 2018 in base alle quote autorizzate parlano di un calo notevole e, contemporaneamente, di una crescita delle importazioni da parte degli altri Paesi asiatici.

Ma chi sono i Paesi che vendono in Asia gli OCC? Al primo posto restano comunque gli USA seguiti da Europa e Giappone. «In particolare, secondo i dati Risi, all’interno dell’Europa il maggiore esportatore è il Regno Unito che nel 2016 ha occupato il 60% dell’export totale europeo, seguito da Francia e Italia. Nel 2018 si è registrato un notevole calo delle esportazioni dall’Europa, soprattutto verso Paesi non comunitari, in particolar modo, mentre l’export europeo sta aumentando verso gli altri Paesi asiatici e la Turchia, vi è stata una riduzione di 2,6 milioni di tonnellate di carta da riciclare rispetto al 2017 verso la Cina» (Figura 2); addirittura, secondo i dati della dogana cinese, da gennaio a luglio 2018 si è registrato un calo totale del 50% nelle importazioni di OCC in Cina.

Nuovi limiti e rigidi controlli

Le cause di questi cambiamenti sono imputabili a una serie di norme emanate dalle autorità della RPC a tutela del proprio mercato e dell’ambiente. In realtà il governo cinese ha dato il via a nuove politiche e azioni in questo senso a partire già dal 2013 con la Green fence policy, volta alla salvaguardia ambientale. Tali politiche hanno condotto nel febbraio del 2017 alla National sword, un’azione a protezione dal mercato nazionale. È in questa prospettiva che a dicembre del 2017 è entrato in funzione il nuovo elenco dei prodotti di cui è vietata l’importazione. «A fine dell’anno scorso quindi la carta da riciclo non differenziata non è potuta più essere importata in Cina. Sino a giungere a marzo del 2018 quando sono stati imposti i nuovi limiti per la presenza di materiali inquinanti nella carta da riciclo importata: il nuovo limite è di 0,5%». Questa soglia molto rigida ha cambiato gli equilibri mondiali nella compra-vendita di carta da riciclare.

A intricare ulteriormente la situazione si è aggiunta a maggio la pubblicazione della nuova normativa riguardante la carta proveniente dagli Stati Uniti, secondo cui le importazioni dagli USA devono essere sottoposte, da parte della dogana cinese, al cosiddetto “open control” ovvero ispezionate nella loro totalità; mentre nell’agosto 2018 sono aumentati del 25% i dazi sulla carta di importazione americana.

Tutto questo ha letteralmente scombinato il mercato e gli effetti non hanno tardato a farsi sentire non solo nei Paesi esportatori, ma anche nella stessa Cina. «Da un punto di vista pratico emergono diversi aspetti» afferma Zhang. «Innanzitutto l’ispezione pre spedizione, che viene effettuata dal Ccic (China certification and inspection corporation), subisce alcune novità: eliminata l’autoispezione ora l’ispezione viene svolta ordine per ordine, con l’apertura di ogni container, ed è prevista una supervisione durante ogni imbarco in cui verranno svolti controlli a campione».

Una volta giunte in Cina il controllo delle merci passa nelle mani della “Gacc” (General administration of customs of the People’s Republic of China) che ora gestisce Ccic e Ciq (China inspection and quarantine). «Il controllo di queste due autorità è diventato molto più severo. E mentre la carta da riciclare americana è sottoposta per il 100% a operazioni di open control, la carta europea segue controlli differenti in base al porto d’attracco; in media questo tipo di controllo riguarda dal 30 al 50% delle merci. Tutte le ispezioni portuali sono supervisionate in tempo reale da remoto dall’autorità della Gacc e la tendenza» prevede Zhang «è che i controlli diventino sempre più rigidi».

Effetto boomerang

Le restrittive norme cinesi hanno ovviamente avuto un forte impatto sull’industria del settore del Paese, provocando tre fenomeni importanti: il calo delle importazioni, l’aumento dei prezzi della carta domestica e la maggiore difficoltà nell’ottenere l’autorizzazione della quota di importazione. «Nel 2018, da gennaio a luglio, ogni mese si è registrato un calo delle importazioni della carta da riciclo, in media di circa il 50%, che ha fatto registrare un gap tra offerta e domanda, con i prezzi dell’OCC cinese in drastico aumento, pari al 60% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Contemporaneamente nei paesi esportatori sono calati drasticamente i prezzi della carta, soprattutto di quella non conforme per qualità ai limiti previsti della nuova norma cinese, creando notevoli differenze di prezzo tra le esportazioni verso la Cina e quelle non-Cina».

Per quanto riguarda invece l’autorizzazione delle quote di importazione necessarie alle imprese cinesi per poter importare la carta da riciclare, «nel 2018 è sempre più difficile ottenere tale approvazione. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente, fino al 6 settembre 2018 in totale sono stati approvati 19 gruppi di quote di importazione, per una quantità totale di 14,6 milioni di tonnellate ovvero il 48% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso» (Figura 3). Quote concentrate nelle mani di poche grandi imprese, in particolare tre società hanno ottenuto il 60% delle quote totali: Nine Dragons Group (34%), Lee&Man Paper (14%), Shanying Group (12%). Da un lato questa concentrazione, spiega Zhang, facilita lo Stato dal punto di vista dei controlli, dall’altro, avendo queste imprese una certa dimensione, anche la loro capacità nel controllo, nella raccolta e nella gestione del materiale importato risulta maggiore.

Le opzioni possibili

Le scelte operate della Cina avranno influenza anche sul futuro del settore cartario, a partire dalla guerra commerciale Cina–Stati Uniti che «porta con sé numerosi fattori di incertezza, un notevole calo delle importazioni dagli USA e a una modifica delle dinamiche del nostro settore, provocando un calo della domanda di OCC».

Nulla si sa al momento anche di come sarà strutturata la politica riguardante il settore, «attualmente in Cina si è prodotto un gap tra offerta e domanda, e bisogna chiedersi come si possa risolvere il problema». Certamente il governo cinese sta spingendo per il miglioramento della raccolta differenziata – che per altro, essendo già di alto livello, lascia poco spazio a ulteriori migliorie – «però la domanda che ci si pone è se quantità e qualità delle fibre potranno essere adeguate per la produzione cartaria interna e quindi se la carta cinese potrà sostituire quella importata». Inoltre, mentre prima un’ampia parte di carta cinese che usciva dal Paese sotto forma di imballaggi vi rientrava attraverso l’import di OCC, adesso non è più così e quindi ci si chiede come fare a recuperare le quote perse. Ci sarebbero alternative, conclude Zhang, «come la pasta di legno, che però nel mondo vive un equilibrio tra produzione e domanda, e quindi rende improbabile prevedere un aumento importante della capacità produttiva. Altra soluzione per la Cina potrebbe essere l’acquisto diretto di pasta di carta da riciclo, lavorata all’estero».

Un dato è certo, il panorama è in divenire e non resta che adeguarsi al cambiamento, tanto più che un ulteriore effetto prodotto dall’imposizione di più restringenti limiti all’importazione di carta da riciclare in Cina ha coinvolto anche altri stati, «anche altri Paesi asiatici stanno pensando di modificare le proprie norme rispetto alle importazioni di carta da riciclare, improntando tali misure al miglioramento della qualità della carta».