Il mercato del gas si è rivoluzionato come mai ci si sarebbe potuti aspettare. A causa del concatenarsi di una serie di fattori, già di per sé inusuali, lo scenario è mutato nell’arco di ventiquattro mesi. A pagarne il conto è un’intera economia e, in particolare, quella che si pensava ormai consolidata del vecchio continente. Il gas naturale rimane il tallone d’Achille dell’industria manifatturiera europea, soprattutto per i settori “energy intensive”.
Unica strada percorribile per la sopravvivenza è dotarsi di nuove strategie.
All’interno dell’industria manifatturiera, il cartario è tra i settori più “energy intensive”. Protagonista assoluto il gas naturale che rappresenta la parte più consistente della spesa energetica di questa industria. I dati Assocarta dicono che nel 2021 il consumo complessivo di gas delle cartiere italiane si è aggirato attorno ai 2,7 miliardi di metri cubi.
L’aumento vertiginoso del suo costo ha messo in crisi molte cartiere, tanto che diverse tra loro sono state costrette a sospendere o comunque a rallentare la produzione – il 30% della capacità produttiva cartaria, secondo un’indagine campionaria effettuata da Assocarta a marzo del 2022. Il peso del costo del gas sul fatturato del settore era aumentato già nel 2021 del 400% rispetto al 2020 (Figura 1), per poi peggiorare nel 2022.
Gas: la corsa più pazza del mondo
I dati che Lorenzo Poli, presidente di Assocarta, ha riportato al convegno inaugurale di Miac 2022 parlano chiaro. «Si stima» dice «che nei primi nove mesi di quest’anno la bolletta del gas del settore cartario abbia superato di oltre il 95% quella dell’intero 2021, pari a oltre 1,3 miliardi di euro, cinque volte superiore a quella del 2020 – che è stata di 265 milioni di euro. Tra il 2020 e il 2022 l’incidenza sul fatturato del costo del gas è passata dal 4,2% al 47%». Un rincaro che, avverte Assocarta, rischia di mettere in crisi non solo le industrie produttrici di carta ma persino l’economia circolare del Paese, in quanto il gas è il vettore energetico usato proprio per riciclare la carta.
Dal 2020, il famigerato anno della pandemia da Covid-19, ci sono stati diversi fattori che hanno influito sul costo del gas: la ripresa economica, la siccità in America Latina e in Asia, i problemi legati alle attività manutentive. Tutto questo ha causato il primo rialzo dei prezzi post pandemia, con elevati livelli raggiunti dal costo del gas molto prima dell’invasione dell’Ucraina ad opera della Russia. Con la guerra c’è stato poi il venir meno delle forniture russe che ha fatto lievitare i prezzi. Il record lo si è registrato a marzo 2022 con i 126,6 euro/MWh.
In questo stato di cose e in base a quanto fanno ipotizzare i numeri del mercato – ha spiegato Antonio Michelon, direttore e office head Italy di Afry, durante il convegno Miac Energy 2022 – ciò che ci si deve aspettare è ancora un prezzo del gas a livelli molto elevati, senza dimenticare il rischio di un’ulteriore riduzione delle forniture di gas dalla Russia all’Europa (Figura 2).
Una dinamica dei prezzi fuori controllo che è stata la medesima per tutta Europa, tanto che per l’Italia il valore del differenziale di prezzo con gli altri Paesi europei ha assunto un peso meno significativo.
Se questo vale per il gas, vi è poi la questione energia elettrica (Figura 3). In Italia persiste una condizione di maggiori prezzi rispetto ad altri Paesi europei e lo stretto legame tra produzione di energia elettrica e utilizzo del gas a tale scopo ha fatto sì che, ad ogni euro al megawattora di aumento del gas, corrispondesse un aumento di 2 euro dell’elettricità. Questo, dice Michelon, è vero in tutti i Paesi in cui si faccia ricorso a tecnologie che utilizzano il gas per produrre energia elettrica.
I costi energetici nel loro complesso, che da sempre rappresentano circa il 30% dei costi operativi di produzione della carta, nelle attuali condizioni di mercato si avvicinano al 50%. Il drastico aumento dei costi dell’energia ora potrebbe falsare le dinamiche di mercato. I dati inoltre suggeriscono che in Europa tutti i produttori di carta sono esattamente nella medesima situazione, senza differenze tra un Paese e l’altro. Il prezzo che la Germania paga per il gas – prosegue il direttore di Afry – è il prezzo che paga anche l’Italia. Anzi a livello competitivo i produttori di carta italiani hanno un vantaggio in più, dovuto alle misure di efficientamento energetico che negli anni sono stati capaci di introdurre, proprio per fare fronte a costi energetici più elevati che altrove.
Un gas da “guerra fredda”
La bilancia tra domanda e offerta totale di gas in Italia negli ultimi anni si è assestata tra i 70 a 75 miliardi di metri cubi (bcm) annui. La Russia, prima dell’invasione dell’Ucraina, copriva il 40% di questa richiesta di gas, la stessa percentuale di copertura della domanda europea, spiega Michelon. Quindi il volume che arrivava in Europa dalla Russia prima della guerra variava tra i 150 e i 180 bcm.
Nel 2022, la disponibilità di gas russo è diminuita a causa della guerra in Ucraina: le importazioni in Italia – nei primi nove mesi dell’anno – si sono dimezzate rispetto allo stesso periodo del 2021, ma rappresentano ancora il 19% della fornitura totale, mantenendo quindi un ruolo chiave nell’approvvigionamento di gas del nostro Paese. Alla riduzione delle importazioni si è dovuto sopperire, da un lato, con un aumento della fornitura di gas dalla Norvegia e dall’Azerbaigian, dall’altro, incrementando anche la quantità di GNL, il gas naturale liquefatto.
Un cambiamento negli equilibri di mercato che ha interessato tutto il vecchio continente e che nei prossimi anni vedrà beneficiarne, tra gli altri, gli Stati Uniti d’America, un Paese che potrebbe diventare un forte concorrente dell’Europa anche in termini di produzione di carta e cartone.
Gli USA, ha spiegato Michelon, sono diventati negli ultimi dieci anni grandi produttori di gas grazie al “fracking” o fratturazione idraulica, la tecnica utilizzata per l’estrazione di gas naturale. È ipotizzabile ritenere che saranno proprio le forniture di gas a stelle e strisce a sostituire le russe quando queste verranno decurtate ulteriormente.
Il tema diventerà poi quello di una più ampia concorrenza, perché minore costo del gas e dell’energia in genere significa anche avere un più basso prezzo produttivo.
Ripensare alle strategie energetiche
Se le previsioni di un’ulteriore decurtazione o di un’interruzione totale delle importazioni dalla Russia dovessero avverarsi, lo scenario ipotizzato da Afry è di un nuovo assetto dell’approvvigionamento di gas, con però qualche difficoltà, soprattutto per l’Italia che, nonostante la diversificazione dell’approvvigionamento, è ancora dipendente dal gas russo. Potrebbe venirsi a creare uno squilibrio tra domanda e offerta di 10 miliardi di metri cubi. Questo, prosegue Michelon, costringerebbe il Paese a reperire l’equivalente di 10 bcm da altre fonti oppure a ridurre drasticamente i consumi.
Diventa quindi indispensabile che anche le imprese studino una nuova e lungimirante strategia di approvvigionamento energetico.
Intanto il Governo italiano – più espressamente il Mite (Ministero della transizione ecologica) con Roberto Cingolani, durante la legislatura Draghi – ha annunciato piani, da attuarsi nel periodo tra agosto 2022 e marzo 2023, che dovrebbero portare a un risparmio di 8,2 miliardi di metri cubi di gas. Circa 6,1 bcm verrebbero risparmiati nella distribuzione, vi sarebbe poi una riduzione di 2,1 bcm di elettricità prodotta da gas, utilizzando diversi combustibili: 1,8 bcm di gas sostituiti da carbone e petrolio, e 0,3 bcm da biocarburanti.
Mancherebbero da coprire ancora poco meno di 2 dei 10 miliardi di metri cubi di gap. Quest’ultima parte potrebbe essere recuperata operando tagli nel settore industriale.
Una condizione che deve fare pensare certo, ma che non deve preoccupare l’industria cartaria in modo specifico, afferma di direttore di Afry. I dettagli non sono stati ancora definiti, ma le ipotesi sono due: la scelta di riduzione uniforme della fornitura di gas a tutti i settori industriali oppure quella di riduzioni che tengano conto di alcuni parametri quali, per esempio, il numero di dipendenti per consumo di gas, quindi la capacità di un dato comparto di creare e mantenere occupazione, o ancora l’intensità del valore aggiunto economico della domanda di gas, in sostanza quanto PIL per metro cubo di energia utilizzata un settore è in grado di produrre. In ogni caso, sottolinea Michelon, l’industria cartaria e cartotecnica non sarebbe più a rischio rispetto ad altre industrie di vedere razionate le proprie forniture energetiche, considerando il PIL prodotto e l’indotto che muove, pur con un elevato consumo energetico.
Ancora una volta è una questione di strategia. Tutte le industrie “energy intensive” dovrebbero rivedere la propria strategia energetica e di decarbonizzazione, in grado di considerare le diverse sfide di breve, medio e lungo termine che si stanno profilando all’orizzonte.
Cosa aspettarsi
Inutile farsi illusioni, nei prossimi mesi la nostra industria sarà chiamata a operare in uno scenario in cui prezzi dell’energia saranno elevati, conclude Michelon. Sarà necessario rivedere la strategia di approvvigionamento, con una maggiore fermezza nel fissare un prezzo del gas che non sia libero o soggetto a eventuali ritocchi, implementare misure di efficientamento energetico, puntando al ricorso a combustibili e vettori differenti, come l’idrogeno, e alla realizzazione di impianti e macchine che siano progettati per consumare meno energia. Esistono tecnologie ideali per percorrere la strada della decarbonizzazione, tecnologie già disponibili che possono aiutare le imprese ad abbassare il consumo energetico. Dobbiamo implementare tutto questo.