La Commissione europea ha adottato oggi una proposta di legge che obbliga gli Stati membri a ridurre l’uso delle borse di plastica in materiale leggero. Saranno gli Stati a decidere come farlo: facendole pagare, stabilendo obiettivi nazionali di riduzione, vietandole a determinate condizioni oppure in altri modi che riterranno più adatti. Per lo più utilizzate una volta sola, le borse di plastica leggere possono però resistere nell’ambiente centinaia di anni, spesso sotto forma di microparticelle i cui effetti dannosi sono noti, soprattutto per l’ambiente marino. Si stima che nel 2010 siano stati immessi nel mercato dell’UE 98,6 miliardi di sacchetti di plastica, il che significa che ogni cittadino europeo ne ha usati 198 e presumibilmente ne ha riutilizzati ben poche, poiché la maggior parte di questi sacchetti sono di materiale leggero e di fatto vengono riutilizzate meno rispetto alle borse più robuste. Le cifre sul consumo di sacchetti di plastica in materiale leggero indicano grandi differenze tra gli Stati membri: si va dai 4 sacchetti annui pro capite di Danimarca e Finlandia, ai 466 di Polonia, Portogallo e Slovacchia. L’Italia è in una posizione intermedia, con 181 sacchetti annui pro capite.
Janez Potočnik, Commissario per l’Ambiente, ha dichiarato in proposito: «Ci siamo mossi per risolvere un gravissimo problema ambientale che è sotto gli occhi di tutti. Ogni anno in Europa sono più di 8 miliardi le borse di plastica che si trasformano in immondizia, con pesanti danni per l’ambiente. Alcuni Stati membri sono già riusciti a limitare di molto il loro uso e se altri facessero altrettanto il consumo in tutta l’Unione europea potrebbe addirittura ridursi dell’80%.»
Tecnicamente la proposta modifica la direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, introducendo due elementi: da un lato, obbligando gli Stati membri ad adottare misure che riducano il consumo di borse di plastica di spessore inferiore a 50 micron, meno riutilizzate rispetto a quelle di spessore superiore e quindi più a rischio “usa e getta”; dall’altro, lasciando agli Stati la scelta del tipo di misure, che possono consistere in strumenti economici, come imposte e prelievi, obiettivi nazionali di riduzione e restrizioni alla commercializzazione (nel rispetto però delle norme in materia di mercato interno contenute nel trattato sul funzionamento dell’UE). Gli ottimi risultati ottenuti da alcuni Stati dell’UE che hanno drasticamente ridotto l’uso di questo tipo di sacchetti optando per la tassazione e altre misure, dimostrano che questa è di fatto una via percorribile.
La proposta è stata modulata sull’esempio di vari Stati membri e scaturisce dall‘invito dei ministri per l’Ambiente dell’UE alla Commissione di valutare il margine d’intervento dell’Unione su questo fronte, intervento peraltro ampiamente caldeggiato dai cittadini, come si è potuto ricavare dalla vasta consultazione pubblica che ha preceduto l’elaborazione del testo.