I dati italiani e quelli europei rimandano le stesse indicazioni per il tissue, che si conferma il comparto che meglio tiene di fronte alla difficile congiuntura degli ultimi anni. E se il quadro economico generale resta incerto, a causa del proseguire di diversi conflitti sullo scenario geopolitico mondiale, le prospettive delle aziende del settore guardano ai macro temi di circolarità, sostenibilità e decarbonizzazione per studiare il tissue di domani.
Nell‘attuale quadro economico generale, le previsioni delle aziende non possono che essere di massima cautela. Dopo l’epidemia da Covid-19, la faticosa ripresa dei mercati che ha modificato gli equilibri precostituiti e l’invasione russa dell’Ucraina che ha riportato la guerra dentro l’Europa, il panorama economico, già in evidente difficoltà, è stato ulteriormente sconquassato dal conflitto in Medio Oriente. Quanto accade nel mondo ha sempre anche un rimando economico e il rischio di un aumento dell’inflazione preoccupa. Tanto più per chi produce beni che finiscono sugli scaffali dei supermercati e, proprio per tale ragione, sono sensibili all’andamento dei prezzi; tra questi vi sono quindi le imprese del settore tissue.
Il 2023 del tissue
Il 2023 per l’industria cartaria non è stato un anno particolarmente positivo. Qualche difficoltà si è registrata già nei primi sei mesi, con un calo a due cifre che si è confermato – dicono i dati Assocarta – a fine anno, con un complessivo -14% sui volumi del 2022. La produzione di carta e cartone in Italia si è attestata, quindi, intorno a 7,5 milioni di tonnellate, facendo registrare anche una diminuzione marcata del fatturato del 27%. La motivazione di questi numeri risiede, in particolare, in una domanda di carta e cartone che continua a rimanere debole.
Il primo trimestre del 2024 però fa sperare in una ripresa, tanto che, rispetto ai due trimestri precedenti, le previsioni fino a marzo compreso indicano un generale miglioramento, per quanto lieve.
Se si analizzano poi i dati comparto per comparto, il quadro che si compone rivela un calo dei volumi di carte e cartoni per packaging che registrano la minore produzione del settore, con un -10,2%. Un dato però non così preoccupante, in quanto riporta i valori del comparto sostanzialmente ai livelli del periodo pre Covid-19, assestandosi poco al di sotto di questi.
Di calo si continua a parlare nel settore delle carte per usi grafici e di quelle di altre specialità, che registrano rispettivamente un -34,3% e un -19,6%. In questi due casi, fa notare Assocarta, la riduzione rispetto ai dati antecedenti la pandemia è decisamente più marcata.
Il dato migliore – per quando in diminuzione – lo fa registrare invece proprio il tissue. Mentre nel 2022 il comparto aveva mantenuto i volumi in sostanziale stabilità, segnando un +0,3% sull’anno precedente, il 2023 la produzione delle carte per usi igienico sanitari segna un -2,3%.
Proprio nel comparto tissue l’Italia si conferma primo produttore a livello europeo – lo è già da qualche anno – realizzando il 20% circa della produzione dell’area Cepi. Inoltre, nella prima metà del 2023 il calo del tissue è stato decisamente maggiore in altri Paesi europei, permettendo all’Italia di acquistare quote di mercato in termini di produzione.
Il tissue in Europa
Guardano più da vicino cosa accade in Europa, si scopre che nel complesso la produzione di carta e cartone nei Paesi europei dell’area Cepi è diminuita del 12,8% rispetto al 2022. A dirlo sono i dati preliminari sul 2023 che proprio la Confederazione delle industrie cartarie europee ha pubblicato nel “Preliminary statistics report 2023”. Nel documento si riporta anche una produzione totale nel 2023 di 74,3 milioni di tonnellate, con un calo registrato in tutti i tipi di carta e cartone (Figura 1). Una forte influenza deriva dal “destoccaggio” in corso lungo l’intera catena di approvvigionamento e dall’impatto, sempre consistente, degli elevati costi energetici e di produzione.
La diminuzione nella produzione di carta in Europa è comunque il riflesso di quanto avviene nel settore nella maggior parte delle regioni a livello globale, sebbene non in misura così marcata come in Europa. I dati, per esempio, di Canada, Giappone, Stati Uniti e Corea del Sud parlano di una contrazione della produzione di carta tra il 2% e il 9,8%.
Meno carta prodotta, quindi, ma anche meno richiesta del mercato. Il calo di produzione si accompagna infatti alla diminuzione del consumo apparente di carta e cartone, che alle statistiche Cepi risulta diminuito del 15,3% rispetto al 2022, senza però contare che parte del consumo interessa le scorte. Il mercato del continente in generale, del resto, risente del debole dinamismo dell’economia europea, che le stime dicono essere cresciuta nel 2023 solo dello 0,6%, mentre si ipotizza un +1,2% per il 2024.
Guardano poi ai vari tipi di carta e cartone prodotti in Europa, l’andamento 2023 segna sempre una diminuzione (Figura 2). La produzione di carta tissue è diminuita di circa il 4,4% rispetto al 2022 e ha rappresentato il 10,3% della produzione totale di carta e cartone.
Sempre secondo Cepi, ancora una volta, come già accaduto nel 2022, all’interno del comparto il migliore andamento è registrato dalla carta igienica e per uso domestico. Nello specifico il segmento trainare è quello dei prodotti tissue per uso in casa (at home) – dai fazzoletti alla carta igienica – mentre il segmento AFH (away from home) dimostra una maggiore fatica a causa dei mercati di riferimento meno dinamici. Mentre il consumo domestico e sanitario è diminuito solo del 3,7%.
Nell’area Cepi si registrano anche meno esportazioni che, a fine di settembre 2023, risultavano già diminuite del 15,7%, mentre gli indicatori preliminari sui dodici mesi parlano di un calo del 14% circa rispetto al 2022.
I mercati che interessano le percentuali più alte, sia di export sia di import, dell’area Cepi sono quelli limitrofi, ovvero gli altri Paesi europei, che rappresentano il 36,9% del totale delle esportazioni e il 38,9% di tutte le importazioni (Figura 3).
I costi da affrontare
I costi sono parte determinante, ovviamente, dell’andamento del settore nel suo complesso. Per quanto riguarda la materia prima cellulosa, spiega Guido Pasquini, presidente del gruppo Tissue di Assocarta – che ha parlato del mercato del tissue a Miac 2023 – dopo l’impennata del 2022 ha subito una sensibile riduzione nella prima parte del 2023, ma il bilancio di fine anno parla ancora di forti rincari. Aumenti che interessano tanto le materie prime vergini quanto le riciclate. In particolare, dicono i dati di Assocarta, rispetto ai livelli pre-rincari, le fibre corte hanno visto crescere del 68% le proprie quotazioni in dollari a gennaio 2024 e le fibre lunghe del 61%.
Tra i costi del mondo cartario il punto delicato è rappresentato sempre dall’energia. Pasquini ha ricordato l’impennata dei prezzi nel 2022 e la speranza che con il nuovo anno la situazione si potesse stabilizzare; una speranza che ora deve fare i conti con il ritorno alla guerra in Medio Oriente e con quanto sta accadendo nel Mar Rosso. Al momento, comunque, il costo del gas rimane stabile, tuttavia è sempre più alto rispetto ai concorrenti esteri, in particolare quelli al di fuori dell’Unione europea.
«Per l’energia elettrica l’andamento del prezzo medio in euro al MWh si assestava intorno a 50 o 60 euro» ricorda il presidente del gruppo Tissue. «Abbiamo conosciuto picchi elevati, ma quando c’è stata la riduzione non si è tornati ai livelli precedenti alla crisi, anzi i prezzi sono rimasti il doppio, tanto che in autunno il costo era intorno a 115 euro al MWh e, dopo quanto accaduto in Medio Oriente, è salito attorno ai 150 euro». Una situazione quindi incerta, aggravata dalla ricerca di rotte alternative a quelle del Mar Rosso – a causa degli attacchi dei ribelli yemeniti Houthi alle navi in transito – che incide su costi e tempi di trasporto, e potrebbe determinare quindi anche un aumento dei prezzi delle materie prime energetiche.
Stessa incertezza anche sull’andamento delle quotazioni di CO2, che sono sempre più soggette alla speculazione finanziaria. Nella seconda parte del 2023 «oscillavano tra 80 e 95 euro alla tonnellata, rischiando più volte di rompere la barriera dei 100 euro che» precisa Pasquini «è una barriera psicologica ma anche molto sostanziale». Gli ultimi dati a febbraio 2024 parlano invece di un assestamento a 61 euro per tonnellata, un valore decisamente più alto rispetto al passato. Se si confronta il dato con gli anni precedenti è evidente: nel 2021 il valore era di 54 euro, mentre era addirittura di 25 euro nel biennio precedente, 2019-2020.
Le prospettive e le aspettative
Sul settore carta e sul futuro dei suoi prodotti i dati economici non sono l’unico fattore incidente. Determinanti – e le ultime scelte lo dimostrano – sono anche le decisioni prese a livello politico dall’Unione europea, che hanno conseguenze non sempre positive sull’industria. Giustamente dall’Europa, afferma Pasquini, «giungono pressioni per un modello di produzione e di consumo che sia circolare e non più lineare». Tuttavia, le scelte dei decisori politici non si basano sempre su evidenze scientifiche e il rischio in certi casi, oltre al danno economico, è persino di prendere strade sfavorevoli a quella stessa causa ambientale che si vuole sostenere.
Un esempio è quanto accaduto alla plastiche monouso con la direttiva SUP che, nell’arco di poco tempo, ha bandito dal mercato alcuni prodotti o, ancora, le problematiche emerse durante l’iter di proposta di modifica del Regolamento sugli imballaggi e rifiuti da imballaggio (PPWR), in cui si è temuto prevalesse la scelta del riuso su quella del riciclo, senza distinzione alcuna tra i materiali. «È essenziale dunque prepararsi per tempo e cercare di prevedere quelli che potranno essere gli scenari futuri» dice Pasquini «perché quando viene emanata una disposizione normativa a livello europeo il lasso di tempo di applicazione è generalmente molto breve». Il presidente considera proprio il tema monouso; la propensione dell’Europa verso il riuso dei materiali, spesso a scapito del riciclo e della valenza scientifica di questo, rischia di mettere a repentaglio l’uso e quindi la produzione anche di alcuni prodotti in carta. «Si sente sempre parlare della necessità di ridurre il monouso, cercando di preferire il riutilizzo dei prodotti» dice. «Quelli in carta tuttavia sono nati e realizzati proprio per il monouso; questo sarà quindi uno dei temi che il settore dovrà tenere sotto stretta attenzione».
Altro tema di attualità e rilevante per il futuro sono le azioni di contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici, «le aziende del settore carta lavorano da tempo ai temi della decarbonizzazione, anche – ma non solo – in risposta agli obblighi imposti dall’Europa» e questa è una strada che dovrà essere ancora battuta.
Il monouso in carta nel concetto comune
Su quale potrebbe essere lo scenario futuro del settore pesa pure un altro fattore; la carta deve tenere in considerazione anche il sentiment dei consumatori nei confronti dei suoi prodotti. Dunque come è percepita la carta – e nello specifico il tissue – oggi?
«Già al tempo del Covid il tissue ha svolto egregiamente la propria funzione di prodotto per l’igiene» ricorda Pasquini. Una funzione indubbia che tuttavia ora deve tenere conto di tutte le tematiche di cui si è detto sinora; «non possiamo guardare al nostro prodotto svincolato dai temi dell’economia circolare, del monouso e degli aspetti climatici. Tutto ci porta ad andare in una certa direzione e bisognerà quindi modificare il nostro tissue, rendendolo un prodotto sempre monouso ma forse un po’ diverso da come noi oggi lo conosciamo».
Intanto però l’idea che i consumatori hanno di questo materiale è determinante per indirizzare gli acquisti e – a volte – anche le decisioni del legislatore.
Ebbene «un’indagine svolta da TwoSides evidenzia come il giudizio del consumatore sui prodotti tissue non sia poi così positivo». Parlando di quali caratteristiche fossero importanti per i prodotti tissue, gli intervistati hanno citato il fatto che debbano essere realizzati da foreste sostenibili; «ebbene la nostra produzione è già proveniente da foreste sostenibili» dice Pasquini «eppure c’è ancora un 35% della popolazione intervistata che non lo sa. Ciò dimostra quanto sia importante che la comunicazione aziendale e quella di prodotto siano indirizzate al raccontare e dimostrare al consumatore ciò che le nostre aziende mettono in pratica».
Dall’indagine emerge poi una propensione ad applicare i concetti dell’economia circolare anche al tissue: i consumatori ritengono che «sarebbe meglio che i prodotti tissue fossero fatti con materiale riciclato e non da fibre vergini». E ancora, per quanto «più della metà dei consumatori dichiari di considerare il prodotto in carta tissue più igienico e utile, c’è però anche un buon due terzi degli intervistati che non sa che la carta asciuga in modo conveniente e amico all’ambiente». E addirittura «più della metà delle persone si impegna a ridurre il proprio uso dei prodotti tissue. E questo, ancora una volta, è dovuto al fatto che il settore si porta dietro un’immagine non ideale».
In definitiva, le sfide da affrontare sono tante ma «il settore tissue ha saputo mantenere i propri livelli produttivi anche nella difficile congiuntura degli ultimi anni ed è riuscito a consolidare il proprio ruolo di presidio per l’igiene e la salute che, in ogni caso, è apprezzato dai consumatori».
Il settore, dice in ultimo Pasquini, ora dovrà «valorizzare il contributo alla salute, all’igiene delle persone ma anche investire in modelli circolari, che ci vengono richiesti dal consumatore e dall’Europa, promuovendo il possibile riciclo e la compatibilità dei nostri prodotti a fine vita oltre a confermare le buone pratiche e l’approvvigionamento sostenibile delle fibre vergini e del riciclo. A questo si aggiunge l’enorme sfida della decarbonizzazione a cui tutti siamo chiamati a contribuire. Dobbiamo ottimizzare e rendere più efficienti i nostri processi produttivi».